Il fish and chips è una storia italiana.

Che uno dei piatti più famosi della cucina britannica abbia in realtà origini italiane questo è tutt’altro che conosciuto. La nascita è in realtà discussa e molto controversa, e va dalle comunità ebraiche portoghesi nel 1500 a famiglie venete nel 1800.

Per la comunità italiana non è rilevante l’origine, ma il suo successo: alla fine dell’ottocento gli italiani nel Regno Unito si stavano consolidando, cercavano lavori più stabili del fare il venditore di figurine sacre o l’organista ambulante. Pensarono al fish and chips: piaceva alla classe operai, non richiedeva grandi investimenti e chiunque, dalla Campania alla Toscana, sapeva come friggere del merluzzo, in una maniera o in un’altra.

I chip shops iniziarono così a proliferare: prima intorno alle Little Italy, poi nelle zone industriali, vicino alle miniere e dovunque ci fossero operai in abbondanza, infine anche nelle parti più sperdute del Galles, della Scozia e dell’Irlanda. Il primo chip shop irlandese fu aperto da un italiano, Giuseppe Corvi, che sbarcò a Dublino negli anni ’80 dell’800 pensando che quella fosse la destinazione finale della sua nave diretta in America, non riuscendo così a proseguire il viaggio. Ebbe però tanto successo che a Dublino si usa ancora dire one and one per chiedere il fish and chips: quello che sua moglie chiedeva ai clienti, dicendo Uno di questo e uno di quello?, a indicare un po’ di pesce e un po’ di patate. Nel 1905, Leeds aveva un chip shop ogni quattrocento abitanti, così Bradford. La storia d’amore tra italiani e fish and chips è però soprattutto scozzese: nel 1914 in tutta la nazione si contavano almeno 4.500 chip shops, e solo a Glasgow venivano servite 800.000 porzioni a settimana.

Con il passare del tempo la comunità si è evoluta, i ruoli sono cambiati e dopo gli anni ’70 il fish and chips non ha esercitato più lo stesso fascino sugli italiani. Qualcosa però è rimasto.

Per trovarlo bisogna andare a Glasgow, e mettersi al centro della Glasgow Cross, uno degli incroci più antichi della città. Al centro si trova, solitario e circondato da palazzi moderni, il Tolbooth Steeple, la torre dell’orologio, ovvero ciò che rimane del municipio seicentesco. A sinistra, le strade dello shopping elegante, la musica proveniente dai negozi di Furla, Armani. Da destra invece giunge l’eco della confusione, delle risse, delle voci impastate d’alcool alle due del pomeriggio. Lì è dove è situata ancora la zona malfamata di Glasgow, là dove iniziava Merchant City, l’antico quartiere della comunità italiana. E dove tuttora si possono trovare alcuni chip shops tradizionali, gestiti dagli Italiani di Scozia.

Tra i tanti il Tivoli, il Guido’s Coronation, e il Val d’Oro Restaurant sono ancora gestiti dalla famiglia Corvi dagli anni ‘30, l’arredamento cambiato poco o nulla. L’insegna anni ’50 è sotto la cornice che ospitava in passato la crocifissione più scozzese che si possa ricordare, dipinta per la visita del Papa di qualche anno fa: sullo sfondo Luigi friggeva per la sua più affezionata cliente novantenne, mentre al Cristo in primo piano veniva offerto al posto di aceto Irn-Bru, una bevanda gassata che pochi conoscono a sud di Glasgow. All’ingresso del locale è facile vedere tuttora settantenni entrare a fianco di giovani ragazzini che scappano dopo aver subito o tentato un furto.

A Paisley, vicino Glasgow, si cela infine uno dei più antichi chip shop della Scozia: quello di Alfredo Nutini, padre del famoso Paolo.

E’ lì da 102, nello stesso luogo, con lo stesso nome. E’ il luogo dove tre generazioni si sono innamorate, dai Castelvecchi, da parte di madre, fino ai Nutini, da parte di padre, sotto i bombardamenti tedeschi e durante la generazione beat. E’ il luogo da dove è partito Paolo Nutini, grazie al nonno appassionato d’opera che gli ha dato i primi rudimenti di musica. Finchè un giorno non ha sostituito un cantante ad un evento, in cui era presente un manager della Mercury Records in platea.

 

— Foto: un ritratto dagli album di famiglia di Michael Lemetti, amico stretto di Alfredo Nutini e membro di una famiglia di storici proprietari di chip shop.

 


 


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