Gigina vive in un castello sul lago di Loch Ness, circondato da una tenuta che ha ottanta chilometri di strade, sequoie giganti americane nel parco e una piccola diga idroelettrica che fornisce elettricità a tutto il palazzo e oltre. L’interno è forse ancora più sorprendente. E dire che era sicura che non avrebbe vissuto in nessun altro posto, se non a Roma.

Sdraiata su un divano con il suo gigantesco alano, Gigina ripercorre tutte le tappe che l’hanno portata a sposare Lord Alexander Baillie o, più semplicemente, Alex. Storie di furti d’amore e nomadismo.

Suo nonno è italiano, ma ruba – letteralmente – la propria futura moglie da un convento, e ripara negli Stati Uniti fin quando le acque non si fossero calmate. Tornano tutti in Italia, incluso il padre di Gigina, che però decide poi di andare a studiare medicina in America, per diventare un chirurgo. Lì conosce una giovane modella, scozzese e già fidanzata con un italiano. Fidanzata fin quando lui non riesce a rubarla, e scappare insieme in Italia. Lì Gigina nasce, vive e lavora per anni, innamorandosi della splendida confusione romana. Così avrebbe fatto forse per il resto della sua vita, se non avesse incontrato Alexander Baillie, figlio dell’omonimo Lord, in una casa di amici comuni in Inghilterra. E non avrebbero comunque vissuto in una tenuta sperduta nelle Highlands scozzesi, perché il fratello primogenito di lui avrebbe dovuto ereditare tutta la tenuta di famiglia di Dochfour.  Questo se lui non avesse avuto un ripensamento sul proprio matrimonio e deciso di scappare con la tata in Australia. Aprendo così le porte di Dochfour a Gigina, Alex e alla sua famiglia, che ora vive lì.

 


 


Ci sono stati alcuni problemi: Gigina ha dovuto trasformare in vivibile un palazzo con l’abitabilità di un museo. Appena arrivati, l’unico frigorifero che hanno trovato era un armadio di legno con un vecchio motore sopra. I sanitari sono tuttora in legno e ceramica, un trono con schienale e braccioli, le vasche ancora in rame. Eppure, il fascino è inevitabile.

L’edificio stesso è bizzarro: è per metà un’antica magione scozzese, grigia, austera, per metà simile ad una villa di Como, colpa o merito di un avo di Alexander che era rimasto accecato dalla bellezza dell’Italia durante un Grand Tour, e l’aveva voluta replicare. Il tutto sulle fondamenta di un castello dell’anno 1000, e che fu raso al suolo a causa della scelta della famiglia Baillie di trovarsi dal lato sbagliato durante l’ultima ribellione scozzese contro gli inglesi. Con un gesto pigro della mano, Gigina ci mostra oltre le vetrate i cannoni utilizzati in quell’occasione, e che puntano ancora verso il lago di Loch Ness.

L’interno è mozzafiato: lunghi corridoi pieni di gioielli, specchi dorati, memorie antiche portano ad una grande scalinata silenziosa, tappezzata del tartan del clan Baillie, il motivo che viene riprodotto sui kilt ed è unico per ciascuna famiglia. I ritratti degli antenati osservano seri nelle stanze e nelle scalinate, inclusa Mary Hamilton-Nisbet, contessa di Elgin e moglie dell’omonimo Conte che portò i marmi del Partenone da Atene al British Musem, dove stanno tuttora. Sui tavolini, libri antichi e vecchi album pieni di lettere. Da uno, come per caso, Gigina ne trova un paio scritte da Lord Byron.

Gigina vive in realtà tutto questo con semplicità. Il suo ufficio è l’antico fumoir, pieno delle uniformi coloniali della famiglia Baillie, con i muri fino a poco tempo prima ancora anneriti dal fumo dei sigari. In mezzo, ci sono sparsi i giochi dei bambini, qualche libro, foto di famiglia scattate in vacanza. Lì organizza eventi, visite e molte battute di caccia per attori, personaggi famosi, anche per la famiglia reale del Qatar e quella del Kuwait.

Non è quello però il posto dove preferisce lavorare.

 

— Foto: Gigina Baillie e il suo alano nel parco di Dochfour Estate.

 


 


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