Qualche anno fa Andrea era un birraio in fuga. Viveva a Baños, in Ecuador, dove stava lavorando al birrificio Stray Dog (cane randagio), che si trova a quasi duemila metri sulle pendici del vulcano Tungurahua, dal cui cratere ogni tanto fuoriescono colate di lava che scivolano pericolosamente verso la città. Il mercato delle birre artigianali è in forte crescita, la legge in materia è ancora vaga e a molti il business fa gola. Come al commissario corrotto della città, che si allea con la moglie del proprietario del birrificio, in procinto di divorziare, riesce ad apporre i sigilli al locale e cerca di mettere a tacere tutti quelli che ci lavoravano e avrebbero potuto parlare dei suoi piani. Incluso Andrea, che è costretto a scappare: trova il primo annuncio a disposizione per un birrificio, salta su un aereo diretto in Europa e arriva infine a Glasgow. Lì lo va a prendere Malcolm, il proprietario di Fyne Ales: alto, biondo e in pantaloni corti, immune al freddo della gelida mattinata scozzese. La sua auto corre per ore tra colline di un verde intenso e laghi dalle temperature polari, per prendere infine una minuscola uscita dell’autostrada, completamente nascosta dalla foresta. Passano attraverso Cairndow, un paesino di appena dieci case, un pub del Settecento, una chiesa e una scuola chiusa dal 1988, quando il numero totale di allievi si era ridotto a tre. Malcolm gli mostra infine la sua nuova casa, un cottage incastrato tra il bosco e il loch, un lago lungo e stretto, come un fiordo. Andrea si ritrova così catapultato dall’equatore alla parte più sperduta della costa ovest della Scozia in sei giorni. Come un cane randagio.

L’obiettivo di Andrea inizialmente era però di rimanere solo pochi mesi. L’idea era quella di farsi le ossa in Scozia, per poi dirigersi a sud, al birrificio Siren a est di Londra. Così sarebbe stato, se la sua Mini scassata non lo avesse trattenuto altri tre mesi in Scozia per ripararla. Dopo tre anni è ancora là, nel giardino del suo cottage, tra il loch e le colline.

 


 


Andrea termina la sua storia mentre mette giù l’ultimo carico di luppoli e ci porta allo Stagecoach Inn, il pub del paese, per raccontarci invece che cosa voglia dire essere un birraio in Scozia. Tra le pareti bianche di gesso e le travi di legno scuro sono appese le etichette di tutte le birre prodotte dalla Fyne Ales, che il barista conosce a memoria.

 


 


«Il birraio qui è rispettato come il prete di un paesino in Italia. Tutti ti conoscono. D’altronde, se fai birra, come va il sabato qui intorno lo decidi tu».

 


 


Le loro birre si vendono anche in Italia ora, ma consumatori più importanti a cui rendere conto sono quelli dei pub dei paesini dei dintorni. Il suo ruolo è completamente differente rispetto a quello che assume un birraio artigianale a Londra: lì bisogna seguire le mode e muoversi a una velocità sorprendente. Quando il gusto cambia, tutti, improvvisamente, vanno nella stessa direzione. Come un branco di sardine.

Trovare il proprio pubblico nella Scozia occidentale è diverso. Basta prendere la Mini scassata, andare a nord o verso ovest, sedersi al bar dell’antico George Hotel di Inveraray.  E ordinare una pinta.
Nel birrificare e nel vivere al Loch Fyne la natura ha un ruolo dominante. Nell’inverno lungo e buio una bella giornata viene attesa e salutata come un dono. Quando arriva la primavera, le colline di questo lato delle Highlands si riempiono di gorse, la ginestra spinosa con cui si aromatizza la birra. L’esplosione di giallo finisce e la primavera si chiude con distese di violette, che circondano il loch e il birrificio. L’estate è breve e tormentata. Loch Fyne è un piccolo cosmo separato, silenzioso, che si riempie ogni tanto dei pochi rumori che lo circondano: lo sciabordio delle acque del lago, il muggito lento delle vacche pelose, le highland cows, la musica distante proveniente dallo stereo lasciato acceso dentro al birrificio. Ma tutto questo non fa dimenticare ad Andrea da dove viene.

 

— Foto: Andrea Ladas working at Fyne Ales.

 


 


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