Cerchiamo Giuseppe Montano, Technical Group Leader dell’Advanced Studies Group in Airbus Defence and Space, forse la più importante al lavoro sull’ExoMars, il nuovo Mars Rover che verrà lanciato verso Marte nel 2020. Attraversiamo lunghi corridoi bianchi e hangars pieni di casse di legno sigillate, fino a Marte. Letteralmente.

In mezzo ad un vasto deserto rosso, sta un dandy al lavoro sugli ultimi prototipi di Mars Rover. Pantalone a sigaretta, gilet e cravatta a motivi floreali, capelli perfettamente curati e pettinati all’indietro. Prima di iniziare l’intervista, mi sento in dovere di chiedergli se si è vestito in questo modo per il nostro incontro.

 


 


<<Sì, in effetti sì. Di solito vengo a lavoro anche con tuba e bastone, ma mi sembravano eccessivi per l’intervista. >>

 


 


Prima di spiegarci il suo lavoro sul Mars Rover gli chiedo di raccontarci come sia arrivato là. Giuseppe ha poco più di trent’anni, e già ricopre uno dei ruoli più ambiti nel suo settore. Si siede sul più vicino sasso finto marziano, e inizia.

È ancora uno studente di ingegneria all’inizio del secondo anno, e quello che ha in mano non è l’Annual Review of Astronomy and Astrophysics: sta semplicemente leggendo Focus, e scopre che l’Agenzia Spaziale Europea, l’ESA, ha difficoltà a sviluppare un software che riesca a gestire il Mars Rover in tempo reale. Il problema gli rimane in testa tutto il giorno, tutta la notte. Inizia a produrre modelli matematici ed algoritmi, e alla fine pensa di essere riuscito a fare qualcosa di buono. Masterizza un cd, manda tutto per posta (tradizionale) all’ESA e se lo dimentica, considerandolo poco più di una ragazzata. Dopo qualche mese, il padre apre la posta e getta tutta la pubblicità che trova: GS, Upim, SMA, ESA. Giuseppe sente la sigla dell’agenzia, si lancia sul cestino e recupera la lettera, in cui il direttore generale del dipartimento software lo invita a lavorare per sei mesi da loro, perché la sua proposta ha senso. E molto.

Giuseppe risponde di essere ancora uno studente, ma l’ESA non sente ragioni: farai un’internship allora, l’importante è che tu venga.

Da lì, non si ferma più: lavora all’ESA ma vuole fare anche un dottorato a York. Unico ostacolo il costo insormontabile che dovrebbe affrontare, perché nel Regno Unito i dottorati sono quasi sempre a pagamento. Giuseppe però ha molte idee e riguardano appunto i sistemi ad alta criticità, a metà tra ingegneria informatica e psicologia. Sistemi questi che non possono mai commettere errori, nemmeno nello 0,0001% dei casi, per via delle situazioni a grande rischio in cui operano. Lui si domanda come funzioni un cervello, umano o artificiale, in tali condizioni, e come interagiscano gli uomini con sistemi simili, in aerei o astronavi. Si chiede come permettere ad un pilota che ha trenta secondi per salvare la propria vita di scegliere facilmente la sequenza di azioni corrette. Scrive tutto ad un luminare della materia, insegnante a York, che ne rimane affascinato e trova i finanziamenti per lui.

Intanto, la compagnia Airbus acquisisce l’appalto per il Mars Rover e comincia le attività alla periferia di Londra. Gli serve un architetto per il progetto, e Giuseppe viene scelto. A meno di trent’anni lavora esattamente dove vorrebbe essere, e per questo accetta di fare una doppia vita.

Durante il giorno si occupa quindi del Mars Rover ad Airbus presso Stevenage, a nord di Londra. Quando ha finito prende il treno, va a York e di sera conduce i suoi esperimenti. Spesso coinvolge piloti che fa stare nei simulatori al buio completo, per decine di ore mentre gli facevo accadere cose brutte. Durante la notte scrive i risultati per la tesi. Dorme nei weekend. Dopo due anni ha completato tutto, ed è sopravvissuto.

Sono ossessionato da come l’intelligenza funzioni. E in questo l’ExoMars è l’esito naturale del suo lavoro. Giuseppe deve ora sviluppare software che permettano di far funzionare il primo Mars Rover che dovrà essere in grado di prendere tutte le sue decisioni autonomamente. Dovrà essere capace di guardarsi attorno, cercare un punto scientificamente rilevante, arrivarci e fare esperimenti. Per un uomo distinguere una roccia da un’altra è facilissimo dice, sollevando uno dei sassi sulla sabbia che usano per testare la validità dei loro algoritmi. Per una macchina tutto questo va creato. Così analizza il modo in cui ragiona l’uomo e se ne serve per applicazioni sulla robotica e sui sistemi per l’esplorazione interplanetaria di cui si occupa. Come quando ha iniziato, e ha poi continuato per anni, a studiare la trasmissione di informazioni nella neurocorteccia umana.

Mentre si muove con naturalezza nel suo vestito, come un Oscar Wilde su Marte, mi ritorna in mente il suo stile, eccentrico ed eccezionale, e gli chiedo cosa lo spinga a lavorare così, vestito ogni giorno da dandy.

 

— Foto: Giovanni Montano mentre testa prototipi del Mars Rover sul Mars Yard.

 


 


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